domenica 20 novembre 2016

Matiah Eckhard, la strada virtuosa dell'amore

La poesia della luce s’irradia, oltre lo spazio e il tempo, oltrepassa lo stretto giardino, approda in un porto di barche serene e ammarrate. La poesia della luce naviga nel sommerso dell’autore ed emerge con la forza dirompente della sua spiccata luminescenza. La poesia della luce è canto d’armonia, è afflato intimo con gli uomini e con la Natura. I versi di Matiah sono un distillato d’amore intenso, esistenziale, universale, d’una profondità assoluta, d’un lirismo pulito, adamantino. Matiah Eckhard, nel corso della sua breve vita terrena, ha percorso la strada virtuosa dell’Amore. Lui ha praticato Amore, lo ha respirato, lo ha sviscerato nei suoi incantevoli componimenti. Matiah Eckhard è stato poeta, pianista e compositore. 
Nato a Montpellier nel 1995, prima allievo del Conservatorio di Montpellier, è stato poi brillante esecutore, partecipando a numerosi concerti. La sua breve esistenza terrena s’è chiusa, dopo una grave malattia, il 10 gennaio 2014. Il suo libro di poesie “Lointains chants sacrés d’où je suis né” è stato pubblicato postumo nell’aprile 2014 (Edizioni Euromédia). Nel maggio 2016 è stato tradotto in italiano  (“Lontani canti sacri di dove sono nato”) per le Edizioni Levant. Nel 2015 l’associazione Euromédia Communications ha creato un premio annuale di poesia, il Concorso internazionale Mathiah Eckhard, destinato ai giovani poeti e compositori dai 12 ai 25 anni. Matiah nei suoi versi segue un registro lineare per suscitare in noi lettori meraviglia, stupore. I suoi sono versi di luce, armonia e di lapislazzulo sapore, perché il poeta è riuscito ad abbracciare una bellezza seconda. Lui non stagna nel dolore, lo supera con un salto, innalzando inni d’amore alla vita. Riverberi di stelle e di lune. La malattia non gli impedisce di palesare tutto il lampo barbagliante dei suoi anni, la dolcezza dei suoi intendimenti, che fanno elegie di sole, da leggere attentamente una dopo l’altra. Alda Merini scriveva, ne “La Terra Santa”, che “anche la malattia ha un senso, una dismisura, un passo, anche la malattia è matrice di vita”. Matiah, a pieno titolo, è un’Artista dell’Amore, che è riuscito ad indirizzare il dolore. Matiah ci fa vedere virtù innate e acquisite, grandi doti di Artista della vita. Lui davvero è giunto ad una bellezza seconda, s’è aperto agli altri, li ha cercati, ha gettato un ponte di conoscenza con l’esistente: “Così vibrerò in armonia con l’universo, diventerò una corda unica, ma compiuta nella lira cosmica. Diventerò un tutt’uno con il Cosmo”. Nella poesia di Matiah, con sconfinata generosità, l’io viene messo da parte, e ci si affida ad un noi, all’altro che si deve incontrare. Matiah, giovane poeta e musicista, ha carismi d’indiscusso valore, con la sua silloge ci fa scorgere raggi radianti di splendore. Come precisa Angela Biancofiore nel prologo della raccolta: “La poesia di Matiah si rivela come un dono prezioso se abbiamo li coraggio di leggere dentro e di operare su di noi quella trasformazione profonda che ci permette di giungere alla piena presenza. Finalmente liberi dai concetti, possiamo prestare ascolto al puro suono del mondo”.
In questo momento, mi viene da pensare ad un “Mattinale”, pubblicato anni fa, per un quotidiano salentino, “Il Paese nuovo”, dall’allora direttore Mauro Marino, il quale sostanzialmente asseriva che “il dono è cosa da poeti”. In effetti, è così. I versi di Matiah sono un immenso e imperituro bel dono d’un Artista splendido, che con il suo spirito fraterno conforta tutti noi.

Marcello Buttazzo


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